Le reazioni dei pazienti cittadini alla paura da pandemia | azdentist
Le reazioni dei pazienti cittadini alla paura da pandemia | azdentist

Nel periodo Covid 19, attraverso i social network e i media convenzionali, molte persone hanno ricevuto notizie allarmanti sulla pandemia, che hanno influenzato negativamente la popolazione generando stress, paura di infezione, frustrazione per inadeguate forniture di mascherine, occhiali protettivi, disinfettante per le mani, cibo e altro ancora; e soprattutto si è sviluppata una conclamata paura del contagio e di tutti quei luoghi con un grande afflusso di persone, come centri commerciali, mezzi di trasporto, palestre e in spazi in cui il contatto interpersonale rientra nel rapporto di cura, come ospedali e studi odontoiatrici, erano visti con timore.

Come è stata percepita la paura della pandemia?  

Un gruppo di ricercatori Spagnoli della Universidad Rey Juan Carlos  di Madrid, tramite uno studio osservazionale trasversale, pubblicato sulla rivista Brazilian Oral Research che ha coinvolto 1.008 persone intervistate casualmente per le strade di Madrid, tra il 1 marzo e l’8 marzo 2020, ha cercato di identificare, tra la popolazione adulta di Madrid, l’impatto di Covid-19 sulla vulnerabilità auto-percepita, dell’infettività, sull’avversione ai germi e su altri comportamenti messi in atto in relazione alle cure dentali e agli studi odontoiatrici.
I partecipanti allo studio avevano un’età compresa tra i 18 e gli 83 anni, 41,50% maschi e il 58,50% femmine. I partecipanti che hanno riportato sintomi che potrebbero essere attribuiti a una malattia infettiva al momento della raccolta dei dati sono stati esclusi perché ciò potrebbe influenzare le loro risposte. Nel campione è stato identificato un gruppo a rischio, pari al 34% degli intervistati, sulla base della presenza o meno di almeno uno dei seguenti fattori : cardiopatia ischemica, insufficienza respiratoria, immunosoppressione, diabete, età maggiore di 60 anni. La vulnerabilità percepita alla malattia è stata valutata attraverso una scala di valori (Magallares). I punteggi dei partecipanti sono stati ottenuti calcolando la media delle loro risposte alle domande su questa scala. Punteggi più alti hanno indicato una maggiore vulnerabilità percepita alle infezioni. Il formato di risposta si basa sulla scala Likert a sette punti, che variava da 1 a 7). 

Ai partecipanti sono state richieste alcune informazioni di base, come aspetti socio demografici (genere, età e livello di istruzione), anamnesi (malattie cardiovascolari, malattie respiratorie, immunosoppressione o diabete), comportamenti di igiene personale, come l’uso di una maschera o disinfettante e il lavaggio delle mani, la paura di andare dal dentista e se annullerebbe un appuntamento per paura dell’infezione, sempre tramite una domanda chiusa (risposta si/no).; oltre a questo come valutare gli ambienti in base al rischio di infezione da coronavirus (studio odontoiatrico, supermercato, cinema/teatro, ospedale, stadio sportivo, palestra, night club, centro benessere, biblioteca etc ), e infine la percezione del rischio di contagio dall’Odontoiatra per eseguire certe  procedure  o in determinate situazioni (ad esempio, essere l’ultimo paziente della giornata, in sala di attesa per più di 15 minuti, un’estrazione, una endodonzia, una otturazione, utilizzando sempre una scala Likert a cinque punti da 1, nessun rischio, a 5 rischio molto elevato).  

ed ecco i risultati

Il 38,7% ha usato la mascherina in strada, il 76,1% si è lavato le mani quando  arriva a casa, il 91,6% non ha avuto paura di contrarre il coronavirus dall’ odontoiatra e il 90,1% non ha annullato l’appuntamento fissato per paura della malattia.
In ambito sanitario, gli ambienti  percepiti  a maggior rischio di contagio in ordine decrescente sono stati l’ospedale seguito dall’ambulatorio di medicina generale e al terzo posto lo studio odontoiatrico, con la situazione vissuta come più rischiosa nell’essere l’ultimo paziente della giornata.
Maggiore percentuale di utilizzatori di disinfettanti e mascherine, tuttavia il lavaggio delle mani è allineato alla media. Punteggi elevati oltre la media riguardano l’ansia di frequentare luoghi affollati, tranne lo stadio, e gli ambienti sanitari, odontoiatra incluso.
Alcune differenze di genere: il campione femminile fa un maggior uso dei disinfettanti per le mani e nello specifico delle cure dentali ha dei punteggi più elevati nella percezione di rischio legata alla chirurgia e endodonzia. 
Lo studio mostra come gli over 60  o i portatori di patologie sistemiche presentassero, a Madrid nella prima metà di marzo, alti livelli di vulnerabilità a un possibile contagio da COVID-19.     
I risultati differiscono per la popolazione rimanente, che presentava bassi livelli di vulnerabilità.

Stress e parodontite: periodi di picco ne aumentano il rischio | azdentist
Stress e parodontite: periodi di picco ne aumentano il rischio | azdentist

Attenzione ai periodi particolarmente stressanti; potrebbero andare a discapito anche della salute dei denti. Picchi di stress potrebbero infatti portare ad un rischio aumentato di sviluppare una parodontite, patologia infiammatoria del paradonto che, se non curata, può portare alla perdita dei denti a causa del progressivo rimpicciolimento dell’osso.

Chi lo dice?

Ad indagare la relazione tra stress e parodontite è uno studio condotto dalle Università degli Studi dell’Aquila e di Tor Vergata di Roma, condotto su circa 18.000 pazienti.

Lo stress ha un notevole impatto negativo sulla nostra salute, poiché provoca una disregolazione delle linee cellulari e umorali del sistema immunitario. Nei periodi di grandi problemi sociali, incluso disastri ambientali come terremoti o durante le fasi belliche, o ancora in periodi come quello di pandemia che stiamo vivendo, è riportato che almeno 1 soggetto su 3 tenda ad accusare disturbi di ansia, depressione e insonnia, mentre nei periodi storici normali questi disturbi interessano solo il 3-4% della popolazione. Anche in Italia, a causa della situazione critica vissuta durante la pandemia, si è avuto un aumento dei livelli di stress per i pazienti.

I dati raccolti dai ricercatori sono particolarmente significativi in quanto circa il 30% degli italiani ha avuto anche problemi gengivali durante i mesi di marzo e aprile e lo stato di salute orale per almeno 3 milioni di italiani potrebbe essere notevolmente peggiorato (Sidp-Keystone). A livello gengivale questo peggioramento è correlato sia alla mancanza di controllo e supporto motivazionale degli odontoiatri e degli igienisti dentali, sia al deterioramento degli stili di vita, al maggior numero di sigarette fumate, alla solitudine e all’isolamento sociale, infine al fattore tempo che per alcuni pazienti porta all’aumento di depositi di placca batterica e tartaro nelle zone critiche e già malate della bocca. Tutti fattori che aumentano l’infiammazione, come già dimostrato in diversi studi pubblicati sia in occasione delle guerre nella ex-repubblica iugoslava che nei mesi successivi allo tsunami del sud-est asiatico nel 2011.

In questi periodi, così come nel trimestre del lockdown, la malattia parodontale sembrerebbe quindi essersi aggravata, per alcuni, anche a causa dello stress psicologico.

Il consiglio è quello di consultare un esperto parodontologo qualora compaiano segni di sanguinamento, gonfiore gengivale, recessioni o mobilità dentale e di rivolgersi al proprio dentista di fiducia qualora si abbia la parodontite e sia trascorso troppo tempo dall’ultimo controllo o dall’ultima seduta di igiene orale professionale.

La prolattina fa diventare bravi papà
La prolattina fa diventare bravi papà

La prolattina, l’ormone che concorre alla produzione di latte materno durante la lattazione può contribuire a rendere i piccoli neonati papà migliori in futuro.

Chi lo dice?

A rivelarlo è una ricerca delle università di Otago e Stoccolma, condotta su topi, pubblicata sulla rivista scientifica Cell. Gli studiosi hanno infatti dimostrato come la prolattina arrivi ad influenzare direttamente il comportamento maschile, sbloccando l’istinto paterno. Al contrario, se l’azione dell’ormone dovesse essere bloccata, i genitori maschi potrebbero arrivare addirittura ad ignorare i loro doveri genitoriali.

La prolattina è nota per il suo ruolo nella lattazione; lo studio ha esaminato la funzione della prolattina nelle cavie: i maschi, infatti, mostrano comportamenti contrastanti proprio sulla cura dei loro piccoli: i ratti maschi tendono a ignorare i loro cuccioli, mentre i topi maschi sono direttamente coinvolti nel loro sviluppo. Quando i ricercatori hanno aumentato i livelli di prolattina nei ratti maschi, ciò ha spinto gli animali a impegnarsi in cure paterne come nella toelettatura dei loro cuccioli.  Al contrario, quando i topi maschi hanno bloccato la prolattina, hanno smesso di prendersi cura dei piccoli.

Lo studio ha anche scoperto che a differire non era solo il livello di prolattina, ma anche il modo in cui il suo rilascio è regolato dal cervello, contribuendo alle differenze nei comportamenti paterni osservati nei ratti e nei topi.

I risultati dello studio, secondo i ricercatori, possono aiutare le indagini sui disturbi dell’umore post-partum, che colpiscono anche gli uomini anche se non si trovano a sperimentare la gravidanza.

Malattia parodontale e disturbi cardiaci, perchè andare dal dentista non oltre i 6 mesi è fondamentale!
Malattia parodontale e disturbi cardiaci, perchè andare dal dentista non oltre i 6 mesi è fondamentale!

pazienti con malattie gengivali dovrebbero essere avvisati del rischio maggiore di soffrire di malattie cardiovascolari, tra cui infarto del miocardio e ictus, e dell’importanza di gestire attivamente i fattori di rischio come fumo, mancanza di esercizio, eccesso di peso, pressione e una dieta ricca di grassi saturi e zuccheri raffinati.

Chi lo dice?

Questi i messaggi chiave della campagna educativa Perio & Cardio lanciata dalla Federazione Europea di Parodontologia (EFP) e dalla World Heart Federation (WHF), che si basa su un nuovo consenso scientifico basato su prove sui legami tra malattie parodontali e cardiovascolari e raccomandazioni di esperti sulla prevenzione e terapia per entrambi i tipi di malattia.
Tutto il materiale della campagna deriva dal consensus report “Periodontitis and cardiovascular disease”, pubblicato a febbraio dal Journal of Clinical Periodontology dell’EFP, che ha presentato i risultati del Perio-Cardio Workshop, tenutosi a Madrid nel 2019, che ha riunito 20 esperti mondiali nel campo della parodontologia e della cardiologia.
Sia quelle cardiovascolari che quelle gengivali sono malattie croniche diffuse e non trasmissibili. La parodontite, la più frequente, ha una prevalenza globale complessiva del 45-50% e la sua forma grave colpisce l’11,2% della popolazione mondiale. Le malattie cardiovascolari sono responsabili di 17,9 milioni di decessi all’anno in tutto il mondo (un terzo di tutte le morti), di cui 3,9 milioni in Europa (45% di tutti i decessi), con cardiopatia ischemica, ictus e ipertensione che portano allo scompenso cardiaco come cause principali.
Sebbene i tassi di mortalità stiano diminuendo, i numeri assoluti sono aumentati negli ultimi 25 anni a causa dell’invecchiamento della popolazione.

Stile di vita: scelte sane prevengono patologie sia cardiovascolari che renali
Stile di vita: scelte sane prevengono patologie sia cardiovascolari che renali

Uno stile di vita sano è raccomandato per la prevenzione delle patologie cardiovascolari, ma ha un ruolo fondamentale anche nelle nefropatie croniche.

Chi lo dice?

Il tutto emerge da una revisione con meta-analisi di 51 studi effettuata da Jaimon Kelly della Griffith University australiana. In precedenza non era emersa alcuna raccomandazione basata sulle evidenze per lo stile di vita nella prevenzione primaria delle nefropatie, ma i ricercatori hanno scoperto che lo stile di vita svolge un ruolo importante anche in questo campo, ed hanno identificato diverse raccomandazioni che possono essere apportate a persone sane che desiderano ridurre il proprio rischio di sviluppare nefropatie.
E’ stato infatti riscontrato che un maggiore apporto di potassio e verdure, un minore apporto di sodio, l’attività fisica, un consumo moderato di alcolici e l’astinenza dal fumo di tabacco sono elementi costantemente associati ad un minor rischio di nefropatie.
In assenza di studi interventistici randomizzati in questo campo, gli esperti ritengono che il presente studio rappresenti la migliore fonte di evidenze disponibile ad oggi sulle scelte relative allo stile di vita che potrebbero aiutare nella prevenzione primaria delle nefropatie.
I risultati ottenuti potranno essere usati nello sviluppo di raccomandazioni sanitarie pubbliche e nella discussione con i pazienti sul modo di ridurre il rischio individuale di nefropatie.
I ricercatori sottolineano che le indicazioni si applicano a soggetti sani a rischio di sviluppare problemi renali, e che i soggetti già affetti da nefropatie dovrebbero seguire altre raccomandazioni sullo stile di vita per evitare uno stress non necessario a carico dei reni.

Gravidanza: l’importanza di rivolgersi dal dentista perché in questo periodo è maggiore l’incidenza di carie | azdentist
Gravidanza: l'importanza di rivolgersi dal dentista perché in questo periodo è maggiore l’incidenza di carie | azdentist

Durante la gravidanza le donne assistono a uno “stravolgimento” del proprio organismo, a una serie di cambiamenti riguardanti molti organi e distretti che provocano alterazioni fisiche e fisiologiche di varie parti del corpo, compresa la cavità orale.

Ma cosa succede esattamente nella nostra bocca?

Una ricerca pubblicata su JADA di agosto 2020, ha evidenziato una maggiore incidenza della carie durante questo periodo. Tuttavia, l’insorgenza e il progredire della carie sono dovuti a diversi fattori; la saliva, per esempio, è un fattore modificante primario e le alterazioni delle proprietà salivari durante la gravidanza potrebbero spiegare l’aumento dell’incidenza della carie. In gravidanza le alterazioni salivari potrebbero essere correlate agli effetti degli estrogeni, a variazioni concernenti la dieta, alle abitudini di igiene orale e alle alterazioni del gusto.

Cosa si è visto?

Gli autori hanno voluto valutare i fattori di rischio della carie in ogni trimestre della gravidanza correlati alla saliva, tra cui la concentrazione in essa di calcio e fosfato, di ioni idrogeno, la sua capacità tampone, il conteggio di Streptococcus mutans e Lactobacillus presenti. Sono stati, inoltre, registrati i dati circa la quantità di denti cariati, mancanti e otturati.

Ventinove studi sono stati inclusi nella meta-analisi, comprendenti 1230 donne in gravidanza e 715 donne non gravide (gruppi di controllo); i risultati hanno mostrato che la concentrazione di calcio salivare risulta diminuita nel terzo trimestre, il fosfato salivare risulta diminuito nel secondo e terzo trimestre; la concentrazione di ioni idrogeno risulta diminuita nel primo e nel terzo trimestre, la velocità del flusso salivare stimolato risulta aumentato nel terzo trimestre e la conta degli S. mutans salivari è maggiore nel secondo e terzo trimestre.

I risultati dimostrano che le quantità di calcio, fosfato, S. mutans e la capacità tampone salivare cambiano dal primo trimestre al terzo.

Conclusioni

Dai dati emersi da questa revisione, che devono trovare conferma in altri lavori analoghi, si può concludere che nel terzo trimestre di gravidanza la maggior parte dei fattori salivari predisponenti lo sviluppo della carie subisce cambiamenti e pertanto può aumentare il rischio di sviluppare carie in futuro.

Per evitare l’insorgenza della carie nel delicato periodo della gravidanza l’odontoiatra deve effettuare interventi di screening e approfondimenti con le pazienti gravide circa il mantenimento di una corretta dieta e igiene orale per la prevenzione della carie, prevenzione che dovrebbe già iniziare nel primo trimestre.

La positività fa sempre bene! |azdentist
La positività fa sempre bene! |azdentist

Essere speranzosi nel futuro fa bene alla salute!

Chi lo dice?

A dirlo è una ricerca dell’Università  dell’East Anglia pubblicata sulla rivista scientifica, in cui si è visto che, una sana positività, potrebbe proteggere le persone da comportamenti rischiosi come bere e giocare d’azzardo.
Al centro dell’attenzione dei ricercatori è stata la deprivazione relativa, cioè la sensazione che gli altri abbiano sempre cose migliori dalla vita. In pratica, gli studiosi hanno voluto cercare di scoprire perchè  alcune persone sperimentano comportamenti ‘a rischio’ come il bere, l’assunzione delle droghe, l’eccesso nel cibo o il gioco d’azzardo. La risposta, secondo loro, sarebbe nel senso di speranza per il futuro.
La deprivazione relativa può  innescare emozioni negative come rabbia e risentimento ed e’ stata associata a strategie di coping inadeguate come l’assunzione di rischi, il bere, l’assunzione di droghe o il gioco d’azzardo.

Cosa è stato fatto?

Il gruppo di ricerca ha condotto due esperimenti di laboratorio. Il primo, con 55 volontari che hanno risposto ad alcune domande per capire il loro sentimento davanti a una relativa deprivazione. Poi, hanno preso parte a giochi d’azzardo appositamente progettati che prevedevano l’assunzione di rischi con scommesse con la possibilità di vincere denaro.

Cosa si è scoperto?

Si è visto che i volontari che avevano un alto punteggio di speranza, erano molto meno propensi a correre rischi nel gioco, mentre quelli che non erano troppo speranzosi erano molto più  propensi a correre rischi.
In un’ulteriore ricerca, condotta con 122 volontari, è invece emerso che chi aveva sperimentato una maggiore speranza aveva una minore probabilità  di perdere il controllo del comportamento di gioco, anche tra coloro che avevano sperimentato la deprivazione relativa.

L’elisir di lunga vita? Fare sport e mangiare sano | azdentist
L’elisir di lunga vita? Fare sport e mangiare sano | azdentist

Mangiare ‘bene’ e fare sport allunga la vita.

Chi lo dice?

Se ne è parlato al 28esimo Congresso nazionale della Sid, la Società italiana di diabetologia, tramite la voce di Luigi Fontana, direttore dell’Healthy Longevity Program Charles Perkins Centre dell’Università di Sidney (Australia).

Di cosa si è parlato?

Con la prospettiva di un invecchiamento progressivo della popolazione (si stima che nel 2050, 1 italiano su 3 avrà più di 65 anni) la prevenzione delle malattie croniche è centrale, soprattutto perchè invecchiare male costa! Oltre al diabete, uno dei più importanti fattori di rischio da combattere è il sovrappeso. Soprattutto l’obesità viscerale si associa a fattori di rischio cardio-metabolici come il diabete di tipo 2, le infiammazioni, la dislipidemia, l’ipertensione, lo scompenso cardiaco, l’ictus, la demenza vascolare, ma anche la Nash (la steatoepatite non alcolica) e una serie di tumori (colon, mammella, utero, rene, esofago, pancreas, fegato). 

Quale è il farmaco idoneo?

L’attività fisica è un ‘farmaco’ potentissimo per migliorare la sensibilità all’insulina, perché con l’attività fisica si riduce il grasso viscerale e aumentano numero e attività dei mitocondri nel sistema muscolo-scheletrico. Questo permette di aumentare il consumo di ossigeno. Già 15 anni prima della comparsa del diabete le persone presentano insulino-resistenza e in seguito si assiste ad un aumento progressivo dell’insulino-resistenza e dei livelli di insulina circolante.

Oltre a questa altra cosa fondamentale è “Mangiare meno e mangiare ‘bene’ allunga la vita: è necessario limitare l’introito calorico e scegliere con cura il poco cibo con il quale nutrirsi, in modo da privilegiare una dieta bilanciata nei suoi componenti, ma comunque ricca in fibre ed in vegetali e non troppo ricca in proteine ed in grassi saturi.

A tutta energia con il sole al mattino! Lo conferma uno studio tedesco | azdentist
A tutta energia con il sole al mattino! Lo conferma uno studio tedesco | azdentist

Quello che sembrava per molti un semplice luogo comune, cioè che il tempo influenza il nostro umore durante la giornata, viene ora confermato da uno studio scientifico.

Chi ne parla?

Gli studiosi della Leuphana University of Lüneburg hanno pubblicato sulla rivista Applied Psychology un lavoro in cui evidenziano come il bel sole che splende al mattino influenza davvero in meglio la nostra giornata, rendendoci pieni di energia e più soddisfatti a lavoro. Nuvole e pioggia, invece, contribuiscono invece ad acuire il senso di affaticamento e insoddisfazione, ma non ad aumentare il livello di stress e burnout.

L’associazione è valida in particolare per quanto riguarda il tempo buono e un umore migliore. Lo studio ha chiesto a degli impiegati, 115 per 457 giorni lavorativi, di rispondere a due sondaggi su base giornaliera: uno la mattina prima di iniziare a lavorare, relative alle condizioni meteorologiche,  e uno dopo il lavoro, relativo proprio alla condizione giornaliera in ufficio. La ricerca è stata condotta ad aprile, noto per essere il mese con il tempo più variabile in Germania.

Dai dati raccolti è emerso migliore era il tempo al mattino, più i dipendenti si sentivano stimolati e soddisfatti del loro lavoro. Al contrario, quando il tempo era brutto, si sentivano più stanchi e insoddisfatti. D’altra parte, gli indicatori di benessere più negativi, come burnout e stress, sembravano non essere influenzati dal tempo.

Covid-19, chi guarisce è immune per almeno sei mesi. Ecco lo studio di Nature | azdentist
Covid-19, chi guarisce è immune per almeno sei mesi. Ecco lo studio di Nature | azdentist

L’immunità mediata dalle cellule B in risposta all’infezione da Sars-CoV-2 può persistere per almeno sei mesi.

Chi lo dice?

E’ un recentissimo studio della Rockefeller University di New York, e dello Howard Hughes Medical Institute di Baltimora, pubblicato su Nature, che analizza come l’infezione è associata allo sviluppo di livelli variabili di anticorpi con attività neutralizzante in modelli animali.

I ricercatori affermano che è noto che i livelli di anticorpi diminuiscono con il tempo, ma sottolineano che finora non erano state esaminate la natura e la qualità delle cellule B della memoria immunitaria, deputate a produrre anticorpi in caso di reinfezione. Per approfondire l’argomento hanno valutato la risposta della memoria umorale in una coorte di 87 individui a 1,3 e 6,2 mesi dopo l’infezione. L’analisi dei dati ha mostrato che i titoli anticorpali IgM e IgG anti-Sars-CoV-2 spike recector binding domain (Rbd) diminuiscono in modo significativo, e che l’attività neutralizzante nel plasma diminuisce di cinque volte nei test con pseudotipo virale. Ma gli esperti hanno anche osservato che il numero di cellule B della memoria specifiche per Rbd rimane invariato nel tempo. Non solo, gli autori affermano anche che le cellule B della memoria hanno mostrato un turnover clonale all’ultima valutazione temporale, e che gli anticorpi espressi erano caratterizzati da maggiore ipermutazione somatica, maggiore potenza e resistenza alle mutazioni dell’Rbd.

Quest’ultimo dato è indicativo di un’evoluzione continua della risposta umorale, ed è una buona notizia per quanto riguarda le varianti della malattia. È stata portata avanti anche un’analisi con immunofluorescenza o Pcr su 14 biopsie intestinali prese da individui asintomatici quattro mesi dopo l’insorgenza di Covid-19, e questa ha mostrato la persistenza degli acidi nucleici Sars-CoV-2 e l’immunoreattività nell’intestino tenue di sette persone.
La risposta delle cellule B della memoria immunitaria a Sars-CoV-2 è stata in evoluzione nel periodo tra 1,3 e 6,2 mesi dopo l’infezione, evoluzione coerente con una persistenza dell’antigene.